Mi trovo a rileggere casualmente una passata rubrica di salute pubblicata su un quotidiano nazionale, nella quale Franceso Bottaccioli (Presidente onorario Società Italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia nel 2013) spiegava della correlazione esistente tra Alzheimer e abitudini alimentari e della possibilità di ridurre drasticamente questa malattia con il movimento e una dieta scrupolosa. Davvero interessante, ma un trafiletto (che non avevo visto a suo tempo) attira ora molto la mia attenzione: «Se l’arte può aiutare più dei farmaci». Cosa significa? Leggo: «la bellezza e l’emozione di un’opera d’arte può aiutare i malati di Alzheimer e rallentare la malattia» e si riporta il caso di un esperimento di pazienti in visita alla Galleria d’Arte Moderna di Roma, in seguito al quale «è emerso che nella quasi totalità dei casi ricordavano bene l’esperienza seppure a un mese di distanza». L’esperimento “La memoria del bello” è stato un progetto della Galleria Nazionale d’Arte Moderna (GNAM) di Roma, dedicato a persone affette dalla malattia di Alzheimer, in fase lieve / moderata, ma nato ancora prima in America, precisamente al MoMA di New York, e si chiamava “meetme - The MoMA Alzheimer’s Project: Making Art Accessible to People with Dementia” (2007/2014).
Così riporta la dott.ssa Miriam Mandosi, ricercatrice che ha collaborato alla realizzazione e valutazione del progetto “La memoria del bello” alla Galleria d’Arte Moderna di Roma: “questa esperienza non solo mia ha fatto riflettere sull’importanza della memoria, sui processi di percezione ma anche sul ruolo determinante del luogo museo e dell’arte nei processi “subconsci”. Qui il link all’articolo completo: https://museisenzabarriere.org/2014/02/24/la-memoria-del-bello-alla-gnam-di-roma/ Ecco insomma la rilevanza: il ruolo dell’arte nei processi di percezione “subconscia” e di “memorabilità”. Chissà...? Che le aziende storiche all’avanguardia abbiano ottenuto successo anche per aver spesso adottato l’arte come strumento di comunicazione e di pubblicità?
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![]() Leggo un bell'articolo del "Boss" del Gastronauta, Davide Paolini che mi ha ispirato alcune considerazioni sull’aspetto visivo delle bottiglie di vino. Il titolo è: ‹‹Se l'etichetta si racconta. Immaginare la storia che si nasconde dietro l'etichetta di un vino.›› (http://www.gastronauta.it/blog/2517-se-l-etichetta-racconta.html). Paolini esordisce con una citazione di un libro del regista Sorrentino (Gli aspetti irrilevanti) e sul “gioco” di costruire delle storie guardando i volti di persone sconosciute: immaginarne il mestiere, la provenienza, ecc.. Quindi nell'articolo segue un paragone tra i volti e le etichette, però Paolini fa riferimento più alle date di produzione di alcuni vini piuttosto che all'aspetto propriamente visivo delle etichette stesse. Eppure fantasticare sulla "vita" di una bottiglia di vino valutandone proprio l’aspetto visivo mi pare un gioco davvero divertente, se non addirittura un tema interessantissimo di analisi in marketing e Comunicazione. Allora l’etichetta è fondamentale, ma raramente i produttori le attribuiscono l'importanza che merita. Se ci si fa caso, ben poche bottiglie si distinguono visivamente sugli scaffali o sui banchetti d'assaggio. Ma è con la vista che si instaura sempre il primo rapporto con la bottiglia ed è qui che si gioca una parte importante di promozione. È infatti tramite l'etichetta che si può comunicare visivamente, in un istante, il "carattere" del prodotto (del produttore). Ed è sempre tramite l’etichetta che un vino può distinguersi lasciando un segno visivo "memorabile”. Si pensi a quanto ci si potrebbe sbizzarrire se ci si impegnasse di più in esperimenti di "ritrattistica" e/o di "sinestesie" tra aromi, bouquet, colori e composizioni visive per concedere ai clienti di vedere il sapore, il carattere e il “volto” di un vino..! Un altro aspetto che ritengo interessante valutare è quanto un’etichetta possa contribuire ad arredare una tavola con gusto, design e originalità se non addirittura divenire motivo di conversazione e socializzazione nel convivio. Le etichette quindi non solo possono "raccontare" - così come le facce - ma possono anche suscitare il racconto e il confronto per entrare efficacemente nella vita e nelle esperienze degli utenti/clienti. In foto: “Philip” (1730-1816) - (interpreta lo spirito del "Nuovo Mondo" viticolo toscano, rappresenta al meglio il carattere "rivoluzionario" di Philip Mazzei ed esprime il desiderio di "ricerca della felicità", come scriveva Mazzei a Thomas Jefferson - cit. da Toscana Wine Architecture http://www.winearchitecture.it/vino/Philip-Toscana-IGT/) Riporto qui di seguito il link all'articolo completo relativo al Rapporto 2016 dell’Osservatorio MPI di Confartigianato Imprese Lombardia presentato a Milano.
La crisi di settore è forte, ma le soluzioni esistono... come ci raccontano coloro che sfidano il momento con nuovi metodi di COMUNICARE e VENDERE. Ad esempio: far vivere l'ESPERIENZA del lavoro artigiano e trasmettere PASSIONE. Ecco allora come risulti efficace, sempre, raccontare e raccontarsi in video (a distanza) oppure creare eventi aziendali coinvolgenti, attraenti e immersivi, affinchè gli utenti possano apprezzare appieno il valore del lavoro e di un prodotto artigianale. http://www.lasettimanadisaronno.it/notizie/speciali/milano-solo-un-impresa-artigiana-su-quattro-e-digitale-br-presentato-il-rapporto-2016-dell-osservatorio-mpi-di-confartigianato-br-4616144.html #lavoro #artigiano #artigianato #artigiani #impresa #lombardia |
Autore del BLOGLorenzo Marabini consulente marketing e comunicazione, content media e video producer. Archivi
Luglio 2020
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