Se avete un’impresa o un progetto, ho trovato in “da Zero al BRAND” di Daniela Bavuso e Natale Cardone un manuale/guida molto utile sia per chi abbia esperienza di gestione di un brand e voglia rivedersi con spirito critico comprendendo l’ordine dei processi e il collegamento tra tutte le azioni strategiche e pratiche (produttive e comunicative), sia per chi voglia cominciare dall’inizio con nuove iniziative, ben oltre l’adozione di “strategie di apparenza”.
Mi ha incuriosito leggere che “non sempre è sufficiente essere esperti di un settore specifico, avere contezza del clima e del contesto. A volte non basta l’istinto”. Così, mi va di scriverne una personale opinione. Il testo offre una vasta panoramica di schemi, strumenti, esercizi e casi studio di riferimento, ma quello che ho trovato ulteriormente interessante è come suggerisca di operare sempre nel rispetto delle proprie inclinazioni attraverso un percorso opposto all’apparenza e contrario all’obbligo di conformarsi ai trend, alle mode, anche tecnologiche “solo perché lo fanno gli altri”; il che non significa certo non dover sapere cosa succede intorno. Condivido quindi la necessità di agire in profondità in ambiti che richiedono sforzo intellettuale e sensibilità nel saper osservare e ascoltare (i “dati”, ma non soltanto quelli) per ricavarne strumenti utili all’individuazione del valore e alla definizione dell’identità aziendale - a loro volta indispensabili guide per il posizionamento sul mercato e per le strategie di comunicazione. Ci viene inoltre ricordato che il sapersi adattare è un altro atteggiamento necessario, non solo sul mercato in termini economici, ma anche propriamente su un piano ideale, “filosofico”. Noi tutti abbiamo sempre sentito parlare di “filosofia aziendale”. Ma quando ci si riferisce alla filosofia, occorre intanto ricordarsi che questa disciplina già da tanto tempo non cerca più una “verità” assoluta per sempre, ma trae oggi le proprie conclusioni (di “verità” temporanee) dall’interpretazione di molte variabili: percezioni, punti di vista e cultura presente e passata in relazione ai continui cambiamenti. Non che uno debba saper per forza di filosofia, ma dovrebbe avere quella predisposizione mentale per interpretare i tempi. Leggo infatti su “da zero al Brand” che “La filosofia aziendale è il vero specchio della cultura, della sensibilità, della capacità imprenditoriale, dell’identità e del potenziale di crescita della stessa impresa per orientare il posizionamento sul mercato e la comunicazione”. E tutto questo col Brand che c’entra? E poi, in fondo, cosa è un Brand? Leggo ancora: “Il brand è un costrutto, un rappresentazione olistica, un insieme di caratteristiche durevoli e riconoscibili fondamentali; ma con caratteristiche adattive con possibilità di evolversi nel tempo, attualizzandosi costantemente agli occhi del consumatore”. Quindi, “I brand nn sono affatto passivi nel meccanismo di creazione di trend culturali e non sempre fanno proprio il cambiamento una volta che questo è avvenuto nella società, ma molto spesso ne sono gli artefici. […] la capacità di riconoscere i valori importanti è un passaggio obbligato nel processo di ricerca della competitività ed è altrettanto fondamentale, pena il fallimento, anticipare il cambiamento prima di tutti, sfruttando mezzi a disposizione in ogni preciso periodo storico.” Sarà un caso che in questo periodo storico gli umanisti (i filosofi e i letterati, per la loro capacità di visione ampia sulle possibili ramificazione di campi specifici) suscitano sempre maggiore interesse da parte delle aziende produttive più evolute? Si sappia però anche che “alcune attività che si reputano appannaggio solo delle grandi aziende, invece aiutano a supportare le operazioni di decision making strategico di tutte le aziende.” (Va anche detto che per farsi comprendere dai meno esperti, un eccessivo anglicismo a volte può risultare fastidioso e poco appropriato, almeno secondo la mia opinione). E’ quindi “un errore concentrarsi sulla comunicazione per produrre un’immagine soltanto esteriore che ti distoglierà dall’opportunità di trovare uno stimolo per approfondire i punti deboli del tuo posizionamento" e ti distrae dal migliorare davvero la tua impresa, il tuo prodotto, la tua offerta sul mercato. Ognuno applicherà in modo autentico le proprie strategie - che richiedono però tempo - in base alle proprie inclinazioni. Trattare un brand è allora come parlare di una persona che cresce, si relaziona e cambia. La comunicazione non è un orpello, ma fa pienamente parte del management aziendale e lo valorizza continuativamente. Se siete in una delle seguenti situazioni allora questo libro può fare al caso vostro: state costruendo un nuovo Brand; volete creare interesse e visibilità per la vostra attività; vivete un passaggio generazionale o una crisi di comunicazione; avete un profilo “impegnato” (su temi sociali, ambientali, ecc…) e volete farlo sapere; producete un impatto positivo sul mercato che non emerge in comunicazione; siete in fase di revisione del modello di business; volete essere competitivi producendo impatto pubblico. Lorenzo Marabini Edizioni LSWR - Modelli di Business https://www.edizionilswr.it/product-category/modelli-di-business/ https://www.dazeroalbrand.it/
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eCommerce & Retail - Al primo posto: BRAND AWARNESS (più importante della conversion immediata)7/8/2020 Il 7 luglio ho assistito in videoconferenza al Convegno "eCommerce & Retail: verso modelli più integrati", in cui sono stati presentati i risultati della Ricerca dell'Osservatorio eCommerce B2c della School of Management del Politecnico di Milano. L’evento ha aperto con Valentina Pontiggia (Direttore Osservatorio eCommerce B2c degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano): l’ecommerce in Italia nel 2020 ha un fattore di crescita del + 26 % (22,7 miliardi di euro) rispetto al 2019. Il lockdown è stato determinante nella crescita delle vendite a distanza e grazie a questo si sono affacciati sul mercato digitale molti nuovi consumatori, di qualsiasi età. Ma il Retail sorprendentemente non molla, è ancora il luogo dove si fa il “fatturato”.
Dunque il negozio digitale e quello fisico devono imparare a convivere ancora! Si parla di “omnicanalità” o “multicanalità”… di opportunità d’acquisto sempre maggiori per il consumatore, ma anche di opportunità per gli stessi commercianti i quali vedono così aumentare i punti di contatto con la clientela e le occasioni di vendita. Dunque, i negozi fisici stanno trasformandosi: il trend è di farli diventare prevalentemente luoghi esperienziali, luoghi dove testare i prodotti e occasioni di confronto tra clienti e operatori/commessi (i quali hanno ruolo determinante nell’offrire consulenze, raccogliere dati, opinioni, gusti.. perché la “vicinanza” e il contatto fisico/personale - in quanto animali sociali - ci è ancora necessario). Ecco in particolare la crescita per settore merceologico: - il Food&Grocery (+56% / 2,5 miliardi di euro) - l’Arredamento e home living (+30% / 2,3 miliardi di euro) - l’Informatica ed elettronica di consumo (+18% / 6 miliardi di euro - è un mercato già maturo) - l’Abbigliamento (+21% / 3,9 miliardi di euro - anche questo settore è ben avviato) - l’Editoria (+16% / 1,2 miliardi) Poi l’intervento di Roberto Lescia (presidente consorzio Netcomm): l’abitudine all’acquisto online cresce, anche via smartphone. Con il lockdown 2 milioni di uovi consumatori hanno acquistato online, in particolare prodotti alimentari e farmaceutici con una risposta sorprendente di adattamento anche dei negozianti (si è rilevato un equilibrio molto dinamico tra domanda e offerta). - LA CRITICITA’ Tra tutti gli interventi, la criticità condivisa rilevata è una forte mancanza di cultura aziendale per affrontare il momento e le opportunità che si stanno affacciando. Mancano nuove competenze, capacità di integrazione offline online integrato e non solo specialisti del singolo canale. Serve cultura trasversale e flessibile e operatori adeguati. - NECESSARIO LAVORARE SUL BRAND (BRAND IDENTITY) Per quel che mi riguarda, molto interessante è stato l’intervento di Ivano Fossati (Chief Operating Officer EMEA South di SAP Customer Experience): per il successo di un buon ecommerce, come di un qualsiasi business, occorre lavorare sul Brand, che significa: fiducia, vicinanza, relazione, assistenza… valori (aziendali) che crescono insieme alla clientela, sui quali occorre lavorare con strategie ovviamente strutturali e di Marketing e Comunicazione. Opinione condivisa anche da Alessandro Rizzoli (Direttore della BU EURISexperience), in favore di una forte Brand Identity - utile per tutti i retailer. - AL PRIMO POSTO: BRAND AWARNESS - NECESSARIO CONSOLIDARE LE VENDITE A LUNGO TERMINE Per concludere, mi è parso illuminante in particolare un passaggio di Denise Ronconi (Research Analys (Osservatorio Internet Media, Osservatorio eCommerce B2c. Osservatori Digital Innovation Politecnico di Milano): da una prima necessità di conversion immediata, la maturità del settore ci sta portando a capire quanto sia più importante un impegno di Brand Awarness in un’ottica di vendita. Un impegno strategico di Marketing e Comunicazione che possa fidelizzare il cliente e far crescere un business con più certezze. Lorenzo Marabini Consulente Marketing e Comunicazione Questo post è dedicato a chi ancora si chiedesse che funzione abbia l’Arte, che a differenza di quanto generalmente e erroneamente si pensi gioca un ruolo fondamentale nella società, nella comunicazione, marketing e quindi nel business. Non a caso è stato uno “strumento” fondamentale nella storia a fini religiosi, politici (anche “propagandistici”) in termini di racconto, di campo di esperienze, di visioni del mondo, di possibilità di interpretazione e infine di coinvolgimento dell’utenza.
Sappiamo bene che una definizione dell’arte è impossibile. Dagli studi universitari di estetica ho appreso che si può solo rispondere alla domanda “COME è l’arte?” e non “COSA è l’arte”? Questo perché è un campo di attività umana che non tollera una definizione unica, univoca, e non è possibile per via delle infinte sfaccettature e significati stratificati nella storia - i ruoli che ha avuto, le funzioni che ha “giocato”. E’ per questo che ho molto apprezzato l’ultima edizione della Biennale di Venezia ormai al termine (58esima edizione - 11 Maggio/24 Novembre 2019) curata da Ralph Rugoff - “May You Live In Interesting Times” . Ho apprezzato la scelta degli artisti che si è concentrata come ha dichiarato esplicitamente il curatore sulla “funzione sociale dell’arte che coniughi appagamento e pensiero critico”, su ”artisti che sfidano le consuetudini di ragionamento e ampliano l’interpretazione che diamo di oggetti e immagini, scenari e situazioni” e propongono “alternative al significato dei cosiddetti ‘fatti’ suggerendo altri collegamenti tra essi” (Ralph Rugoff). La mostra tratta una “vasta gamma di tematiche (...) mira a celebrare la capacità dell’arte di stimolare domande e confronti complessi” “‘May You Live In Interesting Times’ dunque esplora il modo in cui l’opera d’arte solleva domande sui modi in cui delineiamo confini e frontiere culturali - illuminando in vario modo il concetto (…) che ogni cosa è connessa” (Ralph Rugoff) E allora qual è dunque il nesso con la Società, la Comunicazione e perfino con il Marketing? Il nesso a pensarci bene è immediato: perché l’Arte è un campo di esperienza estetica (che tratta anche la percezione in generale), è un campo di esplorazione di significati, oltre a quelli assodati di uso comune. Nel Business, nel Marketing non c’è la stessa necessità di vedere “oltre” e perfino PRIMA? L’arte è sempre un campo di esplorazione nell’esperienza della realtà. Quindi avere esperienza (curiosità, conoscenze, competenze) in questo settore, significa possedere una mente aperta a varie possibilità - e questo è un enorme vantaggio anche nella valutazione delle opportunità di Business perché ha a che fare con: l’osservazione della realtà; la valutazione delle novità e dei trend all’interno della/e società; la sensibilità nella considerazione dei significati nella comunicazione; l'individuazione delle strategie e delle opportunità nelle collaborazioni e nelle connessioni di valore (co-branding)… Anche per il World Economic Forum - 2020 Vision - oggi un manager non può più esimersi dal possedere questa sensibilità, abilità, se non vere e proprie competenze ormai considerate fondamentali: creatività, insieme a flessibilità e intelligenza emotiva. D’altronde, benché oggi si assista paradossalmente ad un’adorazione dei dati, parallelamente c’è una grandissima necessità di umanità, di confronto reale di comunicazione personale da parte della clientela - che molti ancora sottovalutano incredibilmente affidandosi ciecamente ai bot (robot), all’intelligenza artificiale… diciamocelo pure, per risparmiare in realtà sui costi del personale. Per esempio, in qualità di consumatore, io personalmente apprezzo tantissimo l’assistenza umana e cortese anche nel mondo digital, mentre abbandono immediatamente conversazioni che riconosco gestite artificialmente. Allo stesso modo, se faccio una ricerca sui motori di ricerca, personalmente non considero molto le inserzioni a pagamento, sponsorizzate. Passo subito a consultare i risultati organici, i quali spesso premiano più l’attività umana che vive dietro alla gestione di un sito web, gli aggiornamenti e le informazioni utili e originali che dispensa… L’Arte, dunque, è ancora un campo umanissimo di possibilità e opportunità infine anche (prosaicamente, strumentalmente, se vogliamo) economiche. E ha molto più valore di quanto si immagini. Non è soltanto intrattenimento. E’ esperienza di vita, di visione (e di utilizzo degli strumenti di comunicazione). Questo è il senso del “Marketing umanistico” oggi - un ritorno dei valori del Rinascimento con l’uomo al centro, ma anche dell’Arte come veicolo di valore in senso generale (di significati, ecc). Forse l’Arte sta avendo una seconda rinascita. Non a caso assistiamo a fenomeni di collaborazione tra Brand (aziende) e artisti, creativi, designers… (vedi i fenomeni di Art Licensing, di packaging per limited editions, capsule collections, etc… ). E questo trend merita di essere di ispirazione per tutte le Aziende, non solo quelle di lusso. Lorenzo Marabini consulente marketing e comunicazione Entriamo in contatto: info@lorenzomarabini.com - in foto (dalla Biennale di Venzia 2019): Christian Maraclay (1955, USA) 48 War Movies, 2019 - installazione monocanale, loop di immagini e suoni sovrapposti. L’opera è composta di oggetti, immagini e suoni preesistenti di cui l’artista si appropria e che manipola. E’ una sovrapposizione di film di guerra (di cui sono visibili solo i bordi esterni) provocando una sensazione di spaesamento, disorientamento e repulsione nello spettatore. Un'esperienza percettivamente immediata che deriva dall’esclusione di una narrazione definita e dall'esclusione dell’armonia delle immagini e dei suoni. L’arte aiuta a vendere di più - Il significato del Rinascimento oggi in Marketing e Comunicazione9/12/2019 Perché oggi sta tornando di moda parlare di Rinascimento anche in Economia e nel Marketing (“umanistico”)? C’è chi fa appello a questo periodo glorioso della nostra storia come a un modello per affrontare l’attuale crisi economica e di valori, come un’antica ricetta che una volta ha funzionato molto bene tanto da lasciare una traccia indelebile di prestigio territoriale nell’immaginario collettivo di tutto il mondo.
Non è però che ci si riferisca tanto alle opere o alle poetiche del Brunelleschi, Leon Battista Alberti, Michelangelo, Raffaello, Leonardo, ecc… No. L’argomento sono i consumi e i consumatori… Occorre la “rinascita” - si dice - di un nuovo slancio creativo e di idee per superare un modello di «consumatore» freddo e impersonale, per considerare invece un modello più completo, comprensivo di tutte le sue esigenze più intime e personali. Ci si sta rendendo conto a livello di impresa che il consumatore è un essere “umano” e l’essere umano ha bisogno di altro rispetto al mero consumo di prodotti. Tuttavia non mi pare fin qui si dica niente di particolarmente nuovo. Questi sono già i principi di base espressi nel marketing più evoluto, da Philip Kotler in poi: quando il consumatore acquista un bene, non acquista più soltanto un oggetto, ma anche un insieme di significati, di valori, culturali e sociali, di stati d’animo, di sentimenti di processi di identità, di forza, bellezza, creatività, bontà, benessere… sostenibilità… ecc… Valori che un’azienda dovrebbe essere capace di acquisire, trasformare e trasmettere a livello di psicologia insieme al prodotto messo in vendita. Si veda il fenomeno dei prodotti Biologici: sebbene più costosi, se ne vendono sempre di più. E questo per tutta una serie di motivi (valori) che vanno ben oltre alla mera convenienza: sostenibilità ambientale e produttiva, salute.. ecc. Insomma tanto più il “valore” viene comunicato in maniera convincente, tanto più inciderà nella psicologia del consumatore, nelle sue convinzioni, nei suoi processi decisionali, di scelta, di acquisto. Riguardo al “Rinascimento oggi”, in ambito marketing e comunicazione d'impresa si parla quindi di “Human Satisfaction” per istruire gli imprenditori, gli opinion leader e i manager: un’evoluzione della “Customer Satisfaction”, insomma, per arrivare alla soddisfazione del cliente, delle sue “misurabili necessità sia razionali, sia emotive ed etiche”. Il cliente ora è diventato “umano”, una “persona” da ascoltare allo scopo di attirarlo e fidelizzarlo al brand... Si parla di “neo umanesimo” e “marketing umanistico” alla Bocconi e in altri prestigiosi centri di studi economici. Ma il senso del Rinascimento oggi, secondo me avrebbe a che fare più semplicemente con l’aspetto ESTETICO che, d’altronde, corrisponde più propriamente al Rinascimento come è configurato nell’immaginario collettivo. La grandezza e l’eredità del Rinascimento che andrebbe riscoperta è allora una particolare sensibilità e cultura della COMMITTENZA (privata e pubblica) rivolta al “bello” e all’immagine, alla promozione della creatività e della promozione ATTRAVERSO la creatività; quindi all’importanza della comunicazione visiva come strumento per condizionare la sensibilità collettiva… i gusti, le scelte. Durante il Rinascimento è stato avviato un processo di estetizzazione (secolare) diffusa nella vita reale. Una estetizzazione che è arrivata se ci si pensa fino ai giorni nostri, per le strade e nei luoghi pubblici, grazie a una nuova committenza: le imprese, in particolare quelle più evolute che a partire dalla fine dell ‘800 e ‘900 hanno ingaggiato artisti per le proprie campagne promozionali/pubblicitarie sui manifesti (riviste, design di prodotto, packaging…affinando sempre più le strategie di comunicazione) A riguardo, mi viene in mente un caso emblematico del Rinascimento dove probabilmente tale estetizzazione diffusa ha avuto inizio…: la statua equestre di Cangrande della Scala, signore di Verona, che per primo ha voluto la propria effigie commemorativa all’esterno di una chiesa (Santa Maria Antica) *. L’essere al di fuori della chiesa è un dettaglio importantissimo: “Adolfo Venturi notò che a Verona, per la prima volta, le tombe cominciano a staccarsi dalle chiese e ad assumere forma di monumento pubblico”. La figura di Cangrande è “ridente, con aria felina ** […] completamente armato e brandisce con la destra la sua spada come se potesse ancora colpire un avversario. […] La gloria desiderata non era [più] celeste ma terrena” (come ben sentivano gli umanisti dal Petrarca in poi). “Si è detto che alla base dell’Umanesimo c’ è una spinta verso l’alto; essa si traduce idealmente nella volontà di ottenere la gloria” tra i viventi… (Alberto Tenenti - Il senso della morte e l’amore della vita nel Rinascimento, 1957, Torino). Chi commissionava opere d’arte nel Rinascimento, chi le comprava, le diffondeva, le regalava *** o sosteneva opere pubbliche, lo faceva utilizzando l’Arte come strumento di promozione, di “conquista” estetica dell’interlocutore/fruitore, per coinvolgerlo, stupirlo, per lasciare un segno e in qualche modo per convincere il pubblico delle proprie capacità, del proprio potere, della propria ricchezza, del proprio patrimonio e grado di influenza - perfino della propria memoria. Così è stato in fondo per le grandi imprese storiche. A Milano per esempio c’è il circuito Musei Impresa (museimpresa) a memoria delle grandi collaborazioni tra industria e creativi (designer, architetti, artisti…) - collaborazioni nate per passione, investimento, ma anche per ritorno pubblicitario. Tradotto: collaborazioni nate per incidere nell’immaginario collettivo con strumenti di comunicazione innovativi e creativi; per divenire “icone”, lasciare un segno memorabile e infine, diciamocelo, per vendere di più… Oggi c’è un forte ritorno di collaborazione proficua tra le imprese (brand) e creativi artisti, designer - come ha rilevato anche il report Altagamma 2019 (riportato su questo blog in un precedente mio articolo). Assistiamo a nuovi slanci di creatività nel design di prodotto e packaging, ad operazioni di co-branding e licensing, ad azioni comunicazione innovativa e coinvolgente… Alla riscoperta dell’arte come mezzo di comunicazione e promozione… E’ proprio in queste collaborazioni che riconosco il senso più profondo del “Rinascimento oggi” a livello privato, di impresa. Anche a livello pubblico, di Paese, sarebbe bello che la classe dirigente capisse la reale portata dell’eredità del Rinascimento - che non è soltanto un “”museo” diffuso di opere, ma una mentalità, una cultura, una sensibilità che purtroppo non ha più avuto seguito nelle sfere di potere. Diceva Gombrich che il Rinascimento è un movimento culturale più che un'epoca storica. Lorenzo Marabini Marketing e Comunicazione (visiva) note: * La statua è del 1340-50 ma come diceva Fernand Braudel (1902- 1985) il Rinascimento può essere considerato “lungo Medioevo” - longue durèe: “cosa sono infatti l’Antichità, il Medioevo, il Rinascimento se non concetti convenzionali che ci illudono di controllare quel vivo flusso di eventi, di istituzioni, di strutture che è la storia?” ** Quel sorriso del celebre condottiero e amico e protettore di Dante mi pare molto significativo.. Sembra anticipare quello della Gioconda, come simbolo stesso della secolarizzazione della cultura, l’esaltazione della presenza terrena (anche a futura memoria). https://it.wikipedia.org/wiki/Statua_equestre_di_Cangrande_della_Scala Da alcuni anni la statua è stata spostata coraggiosamente dall’architetto Carlo Scarpa nel complesso museale della città di Verona, per conferirgli ancora più lustro e importanza, e per legarsi ancora di più alla città. *** pare che la preziosissima Primavera di Botticelli (come altre sue opere, ad es. "Pallade e il Centauro"..) sia stata commissionata come regalo di nozze In foto: Cacciata dell'Invidia e della Fortuna da parte della Virtù - 1548 Giorgio Vasari @foto Lorenzo Marabini - Casa Vasari, Arezzo (Giorgio Vasari pittore, architetto e autore del celebre Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori) ![]() foto da: «Le Mille una Stories d’azienda. Ecco chi sono i "chief storyteller" - Brandtelling. comunicatore, analista, giornalista: il profilo ibrido dei nuovi cantastorie per comunicare l’innovazione e i valori del marchio e avviare una nuova relazione con i consumatori». il Sole24ore Economia 28/9/2018 Cultura digitale in Italia e nuove modalità di promozione per l'impresa. Due recenti news fanno il punto sulla situazione. La prima è un promemoria che ci riporta inesorabilmente alla “questione culturale”: “Il digitale non è un optional. E l’Italia si merita questa opportunità di crescita” - sono le parole di Fabio Vaccarono, managing director di Google Italia riportate in un’intervista pubblicata sul Corriere Comunicazioni. “Digitalizzare l’Italia è la più grande opportunità che abbiamo. Non ce ne sono altre in grado di generare potenzialmente altrettanto valore in termini di competitività e sviluppo” L’Italia ha fatto progressi ma non regge il confronto con le altre economie europee. Vaccarono esorta quindi ad “abilitare possibilità” che non vengono esplorate in un mondo sempre più connesso (con miliardi di persone collegate) e di necessarie “competenze professionali sempre più trasversali”. Ci sono quindi opportunità valide per tutti i settori, ma ci sono anche rischi dovuti al non agire: i nuovi competitor sono “a distanza di un click”. La questione delle skill “non è seguire l’ultima ‘ondata’ in tema di specializzazioni […] ma impadronirsi degli strumenti di base imprescindibili per qualsiasi professione. Peccato, ancora oggi molti “decisori” non avvertono ”l’”urgenza che la trasformazione digitale richiede a prescindere dal settore in cui si opera”. L’altra news è il racconto di un trend, dedicata a chi ha già capito il valore di questa trasformazione digitale (e le opportunità commerciali connesse). La leggo su un editoriale di Giampaolo Colletti (“guru” italiano dello storytelling aziendale) riguardo al Content marketing sul Sole 24 ore Economia: “Pazzi per la media company. I brand a caccia di reporter”. Ecco la bomba: il marketing della General Electric non crede più nella pubblicità, in particolar modo quella televisiva “perché le grandi storie fanno fatica ad essere fruite tramite messaggi pubblicitari. Oggi proviamo a cavalcare la contemporaneità con una narrazione differente». E’ così che all’interno dell’azienda opera una squadra di professionisti impegnati a fare brand journalism per web-serie, blog, magazine digitali e cartacei (un poco resiste anche la carta)… Allora, la nuova chiave per il successo del brand è informare e coinvolgere tramite un “trattamento giornalistico” (brand journalism), all’interno di propri canali editoriali a scopo informativo. Così l’azienda oltre a parlare di sé dovrebbe iniziare a produrre contenuti di attualità (meglio se pertinenti con i valori aziendali) e interessanti per le diverse audience: “I nostri interlocutori, clienti, dipendenti devono poter trovare delle notizie interessanti relative ad un territorio narrativo che contiene il nostro business, ma che lo amplia. I vantaggi sono di un racconto vero, non drogato da un approccio pubblicitario con l’uso ossessivo di iperboli” (Brand Journalism Lab). Ancora una volta: servono sempre più “competenze transmediali”, ibride, tecniche e relazionali per “pubblici più distratti ma al contempo più consapevoli”. Insomma, la morale è sempre quella.. alle imprese servono competenze trasversali e “transmediali" Lorenzo Marabini marketing e comunicazione | content media | web reporter Fonti: Corriere Comunicazioni (CorCom), 16 Mag 2019, di Mila Fiordalisi Vaccarono: “Il digitale non è un optional, ma le pmi italiane devono ancora capirlo” https://www.corrierecomunicazioni.it/digital-economy/vaccarono-il-digitale-non-e-un-optional-ma-le-pmi-italiane-devono-ancora-capirlo/ il Sole24 ore Economia, 21 maggio 2019, di Giampaolo Colletti Content marketing. Pazzi per la media company. I brand a caccia di reporter https://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2019-05-21/pazzi-la-media-company-brand-caccia-reporter--130229.shtml?uuid=ACYgFDD&refresh_ce=1 |
Autore del BLOGLorenzo Marabini consulente marketing e comunicazione, content media e video producer per Imprese e Territorio. Archivi
October 2022
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