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"Non divulgo perché è nella misura in cui so già tutto, tutto ho capito, ma imparo mentre divulgo, conosco mentre cambio, metto in scena così da riuscire a capire..." [Luca Ronconi, da Etica del ribelle di G. Giorello]

"Tecnosofia": un'indagine sulla Tecnologia per non temerla

6/10/2024

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Nel pieno di una rivoluzione tecnologica, il saggio "Tecnosofia: tecnologia e Umanesimo per la Scienza Nuova" di Maurizio Ferraris e Guido Saracco * (Laterza, Anticorpi, 2023) ci offre una prospettiva affascinante e isieme ottimistica. Gli autori ci invitano a comprendere come l'unione della nostra essenza umana con il potenziale delle macchine, in particolare l'intelligenza artificiale, non debba essere vista come una minaccia, ma come una straordinaria opportunità per migliorare la nostra vita. Questo libro ci spinge a non temere il progresso tecnologico, ma a comprenderne le potenzialità per liberare l'umanità da lavori noiosi e aprire nuove possibili prospettive di civiltà.

Tecnologia e Umanesimo: un connubio necessario
Ferraris e Saracco affermano che "La tecnologia esiste solo in funzione dei bisogni e degli interessi umani" (pag. 91). Per questo motivo, "La divisione tra umanesimo e tecnologia non ha mai avuto ragione di esistere" (pag. 91). La finalità della tecnologia è quella di rendere gli umani sempre più umani, nell’espressione del proprio spirito e della propria umanità, superando e potenziando i propri limiti.

Un concetto che mi risuona in questo contesto è la celebre massima “il medium è il messaggio” di Marshall McLuhan, dal suo celebre saggio "Understanding Media: The Extensions of Man" (1). McLuhan sostiene che ogni nuova tecnologia (medium) cambia il modo in cui vediamo e interagiamo con il mondo. Ad esempio, la ruota ha esteso la nostra capacità di movimento, il telefono ha esteso la nostra voce e Internet ha esteso il nostro cervello, permettendoci di accedere a informazioni e comunicare su scala globale. È importante capire il processo: ogni innovazione tecnologica crea nuova consapevolezza, nuova cultura, nuove possibilità e opportunità, che a loro volta possono condurre a generare ulteriori intuizioni e innovazioni, in un circolo virtuoso. La rivoluzione industriale ha portato all'elettrificazione, che ha aperto la strada alle comunicazioni elettroniche e alla rivoluzione digitale. Così, ogni innovazione tecnologica non solo risolve problemi esistenti, ma apre anche nuove strade per l'innovazione futura, trasformando continuamente la nostra sensibilità, percezione e struttura sociale.
Per esempio, l’invenzione della stampa a caratteri mobili (dall’orafo e tipografo tedesco Johannes Gutemberg nel 1450 ca) ha rivoluzionato l'accesso alla conoscenza, democratizzando l'istruzione e cambiando il modo in cui le persone pensano e comunicano. La circolarità delle informazioni ha permesso la creazione di nuove idee, attività e professioni. Allo stesso modo, l'avvento di Internet ha trasformato l'accesso all'informazione e le interazioni sociali su scala globale.

Adattarsi ai cambiamenti: l’importanza della Formazione. Una Scienza Nuova
Confermando questo processo, Ferraris e Saracco affermano che "L’organismo sistematicamente connesso con meccanismi, che è l'umano, evolve anche per via tecnologica [...] con quella che si presenta come una esistenza storica (e che ovviamente produce shock culturali che in natura non si danno). La rapidità della trasformazione genera forme di timore nei confronti di un processo e di un progresso che appaiono troppo veloci rispetto alle capacità di adattamento umano" (pagg. 122-123). Questi “shock culturali” richiedono una visione ampia della tecnologia, comprendendo che i lavori cambieranno e che l'apporto umanistico sarà decisivo per affrontare queste sfide.
Per capire e sfruttare queste trasformazioni diviene allora cruciale l’educazione sin dalla prima infanzia, e poi la formazione accademica e professionale adeguata per avere una visione più ampia possibile e cercare di capire sempre meglio l’interazione tra il mondo e l’essere umano. Non si tratta solo di acquisire competenze tecniche, ma di sviluppare una visione critica e umanistica del mondo. Gli autori di Tecnosofia evidenziano la necessità di migliorare la capacità di visione, anticipazione e programmazione a lungo termine da parte di attori pubblici e privati (pag. 129).

Come umanità abbiamo davanti tre grandi sfide: ridurre le diseguaglianze; tutelare gli ecosistemi planetari (economia circolare, la protezione della biodiversità, ecc); difendere i diritti fondamentali dell’uomo (pag. 81). "Tutto questo non potrà essere disgiunto da un’educazione ai consumi sostenibili, a cominciare da quelli alimentari, già a partire dalla scuola elementare [...]" (pag. 85).
Ma potremmo affrontare questi grandi temi soltanto grazie ai “lavori del futuro [...] che saranno in buona parte delle ibridazioni eclettiche di competenze, con una forte componente umanistica" (pag. 125). "Quella che si fa avanti è una scienza nuova che ha superato le distinzioni tra scienze della natura, scienze umane e tecnologia" (pag. 132).

Un esempio concreto è offerto proprio dal Politecnico di Torino, che ha adottato questa visione integrata riformando i processi formativi dei propri ingegneri con l'introduzione di insegnamenti di humanities (come filosofia morale, sociologia, economia e diritto). Questo approccio multidisciplinare è essenziale per formare professionisti capaci di affrontare le sfide del futuro con una visione globale e una sensibilità umanistica. Un esempio concreto sono le Comunità di Conoscenza e Innovazione (CCI), promosse dal Politecnico e dall'Università di Torino: luoghi fisici e in rete che promuovono la collaborazione tra università, industria, enti pubblici e altri attori territoriali (pagg. 134-135).

Bisognerebbe fosse sempre chiaro, come riportano gli autori su Tecnosofia, che investire politicamente nell'istruzione produce benefici enormi per la società: sette volte per l'individuo e ben 25 volte per lo Stato, sotto forma di entrate fiscali più elevate, minori spese previdenziali e una riduzione della criminalità. L'istruzione universitaria, con un tasso di rendimento personale del 10%, dimostra come l'educazione sia un potente motore di crescita economica e sociale (pag. 129).

Webfare: una nuova economia della condivisione
Un concetto chiave trattato nel libro è quello di "webfare", un sistema in cui gli utenti possono usare i propri dati (prodotti da loro stessi in qualità di utenti del web) per finalità sociali e umanitarie; dati che visti nel loro insieme hanno il potenziale di essere riconosciuti come “patrimonio dell’umanità”; un patrimonio tale da poter essere capitalizzato non solo per poche attività economiche private, ma anche per servizi alla collettività (pagg. 140 / 157). Questa trasformazione sarebbe auspicabile, sebbene molto contrastata per ovvi motivi.

Da tempo e da più fonti si parla di questa visione possibile della società a fronte della cosiddetta “fine del lavoro”. In questo contesto, anche qui, mi risuonano le idee di Jeremy Rifkin - fondatore e presidente della Foundation on Economic Trends (3) e autore di numerosi saggi importanti come “La fine del lavoro, il declino della forza lavoro globale e l'avvento dell'era post-mercato”; idee che esplorano come le nuove tecnologie possano promuovere modelli economici basati sulla cooperazione e la sostenibilità.
È sempre più attuale l'idea di liberare l'uomo dai compiti ripetitivi per permettergli di dedicarsi a lavori più significativi e attività più “umane” (anche se qui mi vengono in mente le parole di Leibniz, il grande filosofo e scienziato inventore nel 1670 ca della prima macchina calcolatrice completa (4): “è assurdo impiegare uomini di intelligenza eccellente per fare calcoli che potrebbero essere affidati a chiunque se si usassero delle macchine”).

Così, anche su Tecnosofia leggiamo che "Se intendiamo il lavoro come fatica e noia, sembra proprio che stia finendo, senza lasciar rimpianti sinceri. Ma se parliamo di lavoro come produzione di valore, allora il bello comincia solo ora" (pag. 149). Il futuro del lavoro sarà caratterizzato da nuove competenze con una forte componente umanistica, permettendoci di dedicare più tempo alla cultura, allo sviluppo personale e al sostegno reciproco civile grazie alle nuove tecnologie. "Il futuro dell'umanità liberata dal peso della pratica della ripetizione sarà caratterizzato da un ruolo crescente dell'educazione proprio come gli ultimi diecimila anni sono stati assorbiti dalla produzione" (pag. 150).

"A suggerire la centralità dell’umano per la tecnologia non è, dunque, solo l’ovvia considerazione che la tecnica esiste solo per gli umani, ma soprattutto la circostanza per cui quanto più una tecnica è sviluppata tanto più ha bisogno di umani più educati (ossia più umani possibile), non per controllare le macchine, ma per insegnare loro che cos'è un umano e far sì che possano sostituirlo quanto più possibile in compiti determinati e generalmente ingrati. Non si tratta, insomma, di raccomandare un gesto ‘umanistico’, ma di riconoscere l’imprescindibilità dell’anima (del bisogno, dell’organismo, e delle sue trasformazioni in un contesto tecnosociale) per un automa” (pag. 154).

Una visione delle risorse tra privato e pubblico
La chiave di tutto in conclusione è questa: “se i consumatori sono disoccupati a causa dell’automazione, non possono comprare i beni, e il sistema collassa, a meno che il consumo costituisca effettivamente la produzione di un nuovo valore, di un capitale che può essere messo in circolo per sostenere il sistema. In effetti, disponiamo della più efficiente e potente circolarità della storia, che non è ancora stata valorizzata a sufficienza, se non dalle piattaforme commerciali” (pag. 158).

Allora, "Tecnosofia" ci invita a ripensare il nostro rapporto con la tecnologia, vedendola come un'estensione della nostra umanità. Educazione e formazione sono sempre più fondamentali e strategiche per affrontare il progresso tecnologico e creare una società in cui l'innovazione sia al servizio del bene collettivo. In questo modo, possiamo costruire un mondo in cui tecnologia e umanesimo si uniscono per migliorare la vita di tutti.

Lorenzo Marabini

Note

* M. Ferraris insegna Filosofia Teoretica all’Università di Torino e dirige “Scienza Nuova” l’istituto che unisce università e Politecnico di Torino. Guido saracco e’ Prof. ordinario di Fondamenti Chimici delle Tecnologie al Politecnico di Torino


(1) In 1964, "Understanding Media: The Extensions of Man", nell’accezione più ampia di media, intesi come strumenti tecnologici. Non è certo immediata la comprensione, ma quando McLuhan dice "il medium è il messaggio", intende che la forma del medium (che sia una tecnologia di comunicazione o una tecnologia in generale) influenza profondamente il modo in cui il contenuto è percepito e le implicazioni di questo contenuto sulla società. La tecnologia non è solo un canale neutro attraverso il quale passa l'informazione, ma ha un impatto proprio che può essere più significativo del contenuto che trasmette. Nell’accezione di Medium come Strumento di Comunicazione (come generalmente ma limitatamente viene inteso), Marshall McLuhan fa riferimento all’avvento degli strumenti mediatici apparsi come la televisione, la radio, i giornali, ecc. Qui la struttura e la natura di questi mezzi influenzano il modo in cui il contenuto viene percepito e interpretato dal pubblico. Ad esempio, la televisione, essendo un medium visivo e immediato, trasmette informazioni in modo diverso rispetto ai giornali, che richiedono lettura e riflessione.


(2) “Quella che si fa avanti è una scienza nuova che ha superato le distinzioni tra scienze della natura, scienze umane e tecnologia. Da decenni le discipline umanistiche non godono più della rendita di posizione, del prestigio automatico e quasi religioso che nelle società tradizionali veniva riservato all’intellettuale […]. Ma qui si impone una seconda riflessione. Anche le discipline scientifiche non sono più quelle di una volta e avvertono la necessità di incorporare componenti umanistiche. [...]” (pag. 132).
“[...] una scienza efficace richiede una visione del mondo, altrimenti non si capisce quali principi obiettivi orientino le ricerche [...]. Infine la scienza ha bisogno di comunicare in modo efficace, dunque ha bisogno di cultura umanistica, pena l’isolamento sociale: ...lo sapeva Galilei e gli scienziati più illuminati non l’hanno dimenticato. Dobbiamo insomma promuovere quelle che Jacques Derrida chiamava ‘umanità a venire’ [...] Non solo perché nel lungo periodo l’apparentemente inutile può rivelarsi utilissimo [...] "Le discipline umanistiche” favoriscono la comunicazione tra saperi: è possibile che tra cinquant’anni le facoltà universitarie saranno organizzate molto diversamente che nella tradizione, ma quello che è certo è che questa ristrutturazione sarà tanto più efficace quanto più sarà compreso che, con ferma convinzione del filosofo, tra scienza, tecnica e umanesimo non c’è contrapposizione, bensì una connessione essenziale” (pag. 133).
“Quanto più ampia e parcellizzata diviene una società, tanto più è necessario uno sguardo globale. [...]” (pag. 134).


(3) Penso a "The End of Work: The Decline of the Global Labor Force and the Dawn of the Post-Market Era" (1995); a “L’era dell'accesso: La rivoluzione della nuova economia" (2000), a “The Third Industrial Revolution” (2011), “The Zero Marginal Cost Society” (2014), a “The Green New Deal” (2019), ecc. dove l’autore esplora come l'automazione e le nuove tecnologie stiano trasformando il mondo del lavoro. Jeremy Rifkin è stato consulente per diverse istituzioni governative, inclusi il governo degli Stati Uniti e la Commissione Europea durante gli anni '90 e 2000. Ha influenzato politiche riguardanti l'energia, l'ambiente e l'economia sostenibile. Ha collaborato con importanti istituzioni accademiche come il MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston, dove ha contribuito alla ricerca e allo sviluppo di strategie innovative nel campo della sostenibilità e dell'economia. Rifkin è fondatore e presidente della Foundation on Economic Trends (dal 1977), un'organizzazione che analizza l'impatto delle tendenze scientifiche e tecnologiche sull'economia, l'ambiente e la società. Ha esplorato concetti come la share economy e il peer-to-peer, che stanno riducendo i costi marginali di produzione e distribuzione a quasi zero. Ciò significa che molte cose, dai beni digitali ai servizi, possono essere forniti praticamente gratuitamente. Rifkin ha sostenuto che l'economia stia passando da un modello basato sulla proprietà di beni a uno basato sull'accesso a servizi. In questa nuova era, le persone non acquistano più prodotti, ma pagano per l'uso temporaneo di beni e servizi. Questo modello è facilitato dall'avanzamento delle tecnologie digitali, che rendono possibile l'accesso a una vasta gamma di risorse attraverso piattaforme online. E non sempre per scopi commerciali.

(4) Gottfried Wilhelm Leibniz, un grande filosofo e scienziato che inventò tra molteplici altre cose una macchina per fare calcoli, la "Stepped Reckoner" (potenziando la pascalina), progettata tra il 1672 e il 1673.

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